martedì 13 gennaio 2009

HILLY ITALY

Hillyitaly, l’Italia della Colline è una faccia del Bel Paese, quella più modesta e meno esposta, ma più intatta e genuina. E’ l’Italia meno conosciuta, dove si conservano ancora paesaggi incontaminati, tramonti mozzafiato, sonorità d’altri tempi (da quanto tempo non sentite cantare un gallo?). E’ la terra delle antiche tradizioni, dove si gustano il pane con sale e olio, gli insaccati fatti in casa, i dolci della nonna; è la terra dei mille vitigni e dei suoi vini prestigiosi. Questa Italia vi invitiamo a visitare, dalla Liguria alla Sicilia, passando per il Piemonte, il Veneto, la Toscana, l’Umbria, ed il Lazio proponendovi i nostri B&B , selezionati uno ad uno e raccolti in un circuito originale fatto con le nostre mani, il circuito dell’accoglienza, dei modi gentili e del buon umore. Chi è stanco troverà riposo, chi ha bisogno di ispirarsi troverà l’angolino giusto: le fate frequentano i nostri luoghi. Affidatevi alle attenzioni delle nostre famiglie, alle nostre competenze e alla conoscenza del territorio. Sapremo farvi stare bene, indicarvi i percorsi d’arte, quelli storici, naturalistici ed enogastronomici, le strade da percorrere a piedi, a cavallo e in mountain-bike, i ristoranti e le trattorie dove si mangia bene, si beve meglio e si spende poco. Ogni B&B ha una dimensione famigliare – due tre camere nel complesso domestico – tutti sono legati da vincoli di amicizia, da condivisione dei valori dell’ospitalità, della solidarietà, della passione per la natura, del rispetto per l’ambiente, della custodia delle buone tradizioni.

lunedì 12 gennaio 2009

CASERTA HOSTELING

CASERTA é fra le pochissime province, con un forte potenziale turistico, a non avere ancora un Ostello Internazionale della Gioventù.
Eppure non è tanto difficile comprendere che attraverso l’Hostelling è più semplice e più veloce raccogliere consensi ed accogliere turisti per incrementarne l’indotto e SOPRATTUTTO consentire una permanenza stabile in città del turista. L’ostello potrà sopperire così a tutte le richieste dei turisti che intendono soggiornare a Caserta; strumento ulteriore di promozione a vantaggio di tutta la collettività. Il più delle volte l’Ostello è fulcro di incontro e promozione socio-culturale fra genti di ogni dove.
Gli ostelli indipendenti sono un tipo d'albergo unico, che si distingue chiaramente da hotel o pensioni. L'unicità consiste nel fatto che quasi tutte le strutture vengono condivise con altri ospiti, le stanze, infatti, sono spesso a più letti, solitamente sono attrezzate con letti a castello, le altre strutture, come le docce, la cucina, il salotto ecc. vengono altrettanto condivise. Il grande vantaggio è che, in questo modo, i prezzi rimangono bassi per ogni ospite. La cosa più importante, però, consiste nella possibilità tra gli ospiti che si formi un'atmosfera gentile e familiare, solidale e comunicativa. Lo "spirito degli ostelli" è difficile da descrivere, per capirlo del tutto è necessario provarlo. La parola ostello non descrive un sito, descrive un atteggiamento, una filosofia, un incrociarsi di persone con culture differenti, che insieme dividono le maraviglie, la gioia e la tristezza, l'esperienza dell'avventura e del viaggio.
Gente di tutto il mondo e di tutte le estrazioni, ormai, sceglie gli ostelli. L'atmosfera degli ostelli é per lo più dedicata agli ospiti giovani, ma pernottano persone d'ogni età, solitamente gli ospiti degli ostelli sono aperti, gentili e curiosi di vedere nuove cose, vivere nuove esperienze. Gli ostelli sono posti ideali per coloro che decidono di viaggiare da soli, molti di questi si servono dell'ostello come se fosse una via preferenziale per incontrare altri viaggiatori e per condividere la propria esperienza nel "viaggio".

CO-HOUSING

La condizione di spazi abitativi – per nuclei familiari o anziani soli – nato anni fa nel Nord Europa, sta interessando gruppi e società anche in Italia. Il parere degli esperti su questo nuovo modo di vivere in campagna o in città. L’appartamento è indipendente, ma alcuni spazi sono condivisi.
E’ nella Scandinavia degli Anni ’60 che nasce l’idea di quell’interessante sistema di vita aggregata che va sotto il nome di co-housing, una sorta di “comunità di vicinato” fatta di persone che hanno scelto di vivere in un complesso residenziale a servizi condivisi. Un esperimento ben riuscito, almeno a giudicare dal fatto che questo modello nel tempo si è diffuso in Nord europa, Stati Uniti, Giappone ed ora sta cominciando a far presa anche in Italia. Si tratta di piccoli centri residenziali costruiti grazie ad una progettazione partecipata, dove coesistono l’autonomia dello spazio privato, cioè la propria abitazione, e ambienti e servizi comuni, come quelli di pulizia, ristorazione, assistenza sanitaria, ma anche centri ricreativi e del tempo libero, palestre, orti, giardini, allevamenti di piccoli animali, spacci e quant’altro possa sollevare gli abitanti di tali strutture dai problemi della gestione quotidiana di una vita il più possibile indipendente dai grossi centri abitati, dai quali peraltro non devono essere a grande distanza. Co-housing significa, dunque, coabitare e condividere. Non solo attività e servizi, ma condividere anche la volontà di sfuggire all’emarginazione dell’individuo, piaga della società moderna, specie nelle grandi città in cui milioni di persone girano nelle stesse strade, utilizzando gli stessi servizi pubblici, senza conoscersi. Persone rimaste sole, spesso isolate persino da parenti ed amici, travolti dal lavoro e dagli impegni. La co-residenza significa recuperare l’attenzione degli altri che hanno fatto la stessa scelta, dare un contenuto al tempo lavorando con gli altri e per gli altri, condividere le risorse e la voglia di vivere nello stesso complesso residenziale. Ritrovare insomma il piacere di stare assieme.
Nato come soluzione abitativa pe piccoli nuclei familiari o per persone sole, o per giovani,, la co-residenza, cosi come viene delineata nelle esperienze già attive, sembra essere una soluzione interessante anche per persone in là con gli anni, rimaste sole o in coppia, le quali qui troverebbero l’antidoto alla solitudine e all’anonimato cittadino. In questo caso, i servizi condivisi comprendono anche quello delle badanti o della spesa a domicilio o di un’assistenza sanitaria specializzata, gite in bicicletta e viaggi nei week-end. Nella co-residenza si può scegliere tra l’affitto dell’alloggio più una quota-spese per i servizi comuni; l’uso dell’immobile può essere anche a tempo determinato; o l’acquisto della porzione abitativa individuale e quota di parti comuni, oltre i pagamento dei servizi.
In Italia sono, attualmente, quattro le società aderenti all’Istituto Nazionale di Studio e di Promozione del co-housing (Ispco), e i loro nomi rimandano in maniera esplicita alla loro finalità principale: Cohousing.it, CoHabitando, Coabitare ed Eco-abitare. Implicito nel nome di quest’ultima il richiamo all’istanza ecologista, che in questo caso come in quello di CoHabitando è elemento imprescindibile nella progettazione delle unità abitative, improntata alla sostenibilità ambientale (concetto comunque generalmente abbracciato da chi si avvicina al mondo della coabitazione, che presupponendo un rispetto per gli altri “impone” anche l’attenzione alla salvaguardia del mondo) e al risparmio energetico.
Fondamentale è la possibilità di riuscire ad avere una vita con tempo libero e serenità sufficiente a goderselo: condizione realizzabile grazie alla collaborazione reciproca, stabilita in base alle competenze e alle disponibilità di ciascuno (comportante quindi anche una garanzia della tanto agognata “sicurezza”), e alla “messa in comune” di attività di gestione, sociali e ricreative. Il che significa proprio i famosi spazi comuni che, a seconda dei bisogni definiti da un confronto tra i membri del gruppo, possono andare dalla lavanderia all’asilo nido, dalla sala hobby alla palestra, da una sala da pranzo condivisa alle stanze per gli ospiti, dall’orto al parco macchine. Tutto questo comporta anche un notevole risparmio economico, generato dalla riduzione degli sprechi, del ricorso ai servizi esterni e del costo dei beni acquistati collettivamente (la maggior parte delle “comunità” costituisce infatti anche gruppi d’acquisto,e in alcuni casi si comprano in comune anche alcuni servizi, come quello di una baby-sitter per bambini di diverse famiglie).
I futuri abitanti partecipano al progetto della residenza e alla sua gestione quotidiana secondo principi egualitari. In alcune comunità i residenti possono decidere a turno di cucinare odi aiutare in cucina. I pasti in comune sono un concetto chiave perché rappresentano un momento di socializzazione.
I criteri di costruzione delle abitazioni includono sistemi di riciclaggio dell’acqua o di risparmio energetico, oltre che l’uso di tecnologie alternative. Come la produzione di energia solare. In Danimarca, In Olanda e negli Stati Uniti hanno rapidamente capito che questo modello di vita che cerca di combinare bisogno di autonomia e desiderio di vivere con gli altri poteva essere un’ottima alternativa per gli anziani.

venerdì 12 dicembre 2008

GOOGLE TRENDS

Grazie al lancio dei Google Trends for Web sites, siamo ora in grado di verificare il livello di popolarità di un sito web in ogni singola nazione. Inserendo un dominio nel box di ricerca di “Google Trends for Web Sites”, otteniamo un report dettagliato con dati su paesi e città che generano il maggior traffico, volume di ricerca stimato, siti e keyword di ricerca correlati al dominio. Questo ci permette di pubblicare alcuni dati interessanti sulla popolarità delle agenzie di viaggio on-line e dei motori di ricerca turistici nel mercato Europeo.

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giovedì 11 dicembre 2008

SOCIAL MEDIA (MARKETING) - CHE COS'E'?

Abbiamo affrontato una strategia di marketing non convenzionale nella fiaba Il pasticciere 2.0, il Buzz Marketing. Abbiamo anche stabilito, che il passaparola ha bisogno di un rete sociale attraverso la quale diffondersi. Senza rete sociale, niente passaparola.
La rete sociale basata primariamente sul web (Social Media) è uno strumento di comunicazione per condividere e discutere contenuti tra persone. Rispetto ai Mass Media come giornali, televisione e film, il Social Media è facilmente accessibile da chiunque (sia aziende o organizzazioni che persone fisiche) desideri pubblicare o leggere informazioni. Gli strumenti industriali di comunicazione sono estremamente costosi. Richiedono un significante capitale economico per pubblicare delle informazioni e raggiungere una copertura importante. Quelli “sociali” invece sono molto più economici.
Tuttavia, hanno una fattore in comune. Paragonando per esempio la Televisione con un Blog Space, con entrambi è possibile raggiungere milioni di utenti come anche zero utenti. L’unica differenza: il Blog Space permette di misurare con precisione il ritorno sull’investimento, qualora ci fossero degli obiettivi commerciali.
Il Social Media nel web assume differenti forme come Forum Internet, Message Board, Blog, Wikis, Podcast, Immagini e video, e usano tecnologie diverse come Blog, condivisione di immagini e file audio, Videoblogs, Wall-postings, Email, Chat, Crowdsourcing, Voice Over IP, ecc.

lunedì 8 dicembre 2008

PERCHé FRANCHISING

…..COS’E’ IL FRANCHISING…..
La definizione di Franchise, Franchising o affiliazione commerciale (nella dicitura italiana) più largamente utilizzata nel nostro Paese è quella proposta dall’Associazione Italiana del Franchising:

“IL FRANCHISING (AFFILIAZIONE COMMERCIALE) È UNA FORMULA DI COLLABORAZIONE CONTINUATIVA PER LA DISTRIBUZIONE DI BENI E SERVIZI FRA UN IMPRENDITORE (FRANCHISOR O AFFILIANTE) E UNO O PIÙ IMPRENDITORI (FRANCHISEE O AFFILATI) , GIURIDICAMENTE ED ECONOMICAMENTE INDIPENDENTI L’UNO DALL’ALTRO, CHE STIPULANO UN APPOSITO CONTRATTO, ATTRAVERSO IL QUALE IL FRANCHISOR CONCEDE AL FRANCHISEE L’UTILIZAZIONE DELLA FORMULA COMMERCIALE, COMPRENSIVA DEL DIRITTO DI SFRUTTARE IL KNOW-HOW E I PROPRI SEGNI DISTINTIVI, UNITAMENTE AD ALTRE PRESTAZIONI E FORME DI ASSISTENZA ATTE A CONSENTIRE AL FRANCHISEE LA GESTIONE DELLA PROPRIA ATTIVITÀ CON LA MEDESIMA IMMAGINE DEL FRANCHISOR NELL’INTERESSE RECIPROCO DELLE PARTI MEDESIME E DEL CONSUMATORE FINALE, NONCHÉ AL RISPETTO DELLE CONDIZIONI CONTRATTUALI LIBERAMENTE PATTUITE.”


La legge del 21/04/2004, prendendo spunto dal testo citato ha così definito la formula:


“L’AFFILIAZIONE COMMERCIALE (FRANCHISING) È IL CONTRATTO, COMUNQUE DENOMINATO, FRA DUE SOGGETTI GIURIDICI, ECONOMICAMENTE E GIURIDICAMENTE INDIPENDENTI, IN BASE AL QUALE UNA PARTE CONCEDE LA DISPONIBILITÀ ALL’ALTRA, VERSO CORRISPETTIVO, DI UN INSIEME DI DIRITTI DI PROPRIETÀ INDUSTRIALE O INTELLETTUALE RELATIVI A MARCHI, DENOMINAZIONI COMMERCIALI, INSEGNE, MODELLI DI UTILITÀ, DISEGNI, DIRITTI DI AUTORE, KNOW-HOW, BREVETTI, ASSISTENZA O CONSULENZA TECNICA E COMMERCIALE, INSERENDO L’AFFILIATO IN UN SISTEMA COSTITUITO DA UNA PLURALITÀ DI AFFILIATI DISTRIBUITI SUL TERRITORIO, ALLO SCOPO DI COMMERCIALIZZARE DETERMINATI BENI O SERVIZI.”

…..IL KNOW HOW…..

Il know how (“sapere come”) è l’insieme di conoscenze e tecniche relative all’avviamento e alla conduzione efficace di un’impresa, in un determinato settore. Errore comune da parte delle imprese affilianti è quello di ritenere elementi sufficienti, per “fare franchising”, la propria esperienza in un settore o la capacità di produrre determinati beni o servizi.L’effettivo know how è quello sperimentato con successo in proprie unità pilota, che ricalcano con assoluta fedeltà gli elementi che saranno proposti ai futuri affiliati. Il Franchisee deve aspettarsi che la casa madre metta a disposizione le conoscenze acquisite con queste unità pilota, fornendo corsi di formazione pre-apertura, manuali operativi, sistemi, attrezzature, procedure e metodi di lavoro collaudati, attività di affiancamento, momenti di aggiornamento, consulenza e assistenza.

…..PERCHE' SI FA FRANCHISING?…..
Sempre nuove aziende e imprenditori scoprono la “vocazione” al franchising, Le aziende giungono al franchising da direzioni diverse. Settori, esperienze, strutture organizzative e motivazioni di fondo differenti trovano nella formula risposte operative adeguate al raggiungimento degli obiettivi.Si tiene conto dell’origine dell’azienda franchisor e della tipologia di prodotto o servizio che la contraddistingue.Quello del Franchising di servizi è un universo particolarmente composito e articolato per origine, dimensione delle aziende, caratteristiche settoriali. Anche l’oggetto delle attività è enormemente variabile.E’ un distorsione del concetto di franchising particolarmente diffusa nell’ambito italiano del turismo. In assoluto spregio della definizione stessa di franchising che, come detto, prevede l’autonomia giuridica e imprenditoriale dell’affiliato, sono definiti franchising o affiliazione dei rapporti di collaborazione quantomeno “anomali”. Lo “pseudo-affiliato” è assoldato con modalità varie, che spaziano dalla forma contrattuale di associato in partecipazione a procacciatore d’affari, da quella di venditore a quella di collaboratore esterno, per l’apertura e la conduzione di nuova attività. Di fatto, l’obiettivo dell’azienda è quello di reclutare personale che operi nelle proprie filiali, agitando lo specchietto delle allodole di un’imprenditorialità del tutto fittizia, perché non sancita dalla proprietà effettiva della nuova impresa. I vantaggi per l’azienda sono molteplici: dal punto di vista economico, si ottiene una partecipazione del dipendente/gestore nel rischio d’impresa sia con forme di pagamento e/o investimento (a volte addirittura attraverso la richiesta di fee d’entrata!) sia con una remunerazione sono sul risultato (variabile e quindi più conveniente) dell’opera prestata; dal punto di vista motivazionale e dell’attrattività, si offre uno status apparentemente appetibile e migliorativo rispetto a quello del dipendente; infine, dal punto di vista organizzativo e burocratico, ci si garantisce tutte le agevolazioni (caratteristiche della legislazione del turismo) previste per chi opera già nel settore e penalizzanti per chi apre ex novo un’impresa.

…..PIU' FACILE REPERIMENTO DI LOCATION…..
Il ricorso alla formula del franchising per reperire location interessanti è un’escamotage prevalentemente utilizzato da marchi allo scopo di ricercare nuove superfici commerciali qualificate. In questo caso l’obiettivo è raggiunto reclutando affiliati, attraverso l’offerta di condizioni apparentemente vantaggiose. Nel tempo, tali vantaggi si tramutano in penalizzazioni dell’imprenditore affiliato, che è “guidato” a cedere l’attività.

…..AUTOFINANZIARE IDEE D'IMPRESA…..
Alcuni “progetti di franchising” sono in realtà semplici trasposizioni sulla carta di idee imprenditoriali che non riescono a trovare finanziatori e/o che non sono mai state concretamente realizzate. Si vuole accollare all’”affiliato” l’onere di sperimentare sulla propria pelle la validità di un’idea,senza prima averne testato su proprie unità dirette o pilota la fattibilità e la risposta di mercato nelle nuove aree di interesse.

…..CAPITALIZZARE UN KNOW HOW INESISTENTE…..
Alla base di qualche iniziativa non c’è un reale progetto imprenditoriale, ma solo la convinzione che la formula sia un buon pretesto per rimediare denaro. Nascono così delle aziende di “franchising” il cui obiettivo è essenzialmente quello di “vendere” diritti di entrata, attrezzature, beni e di incassare corrispettivi di servizi mai erogati.

…..IL PILOTAGE…..
La configurazione tipo delle future unità affiliate va sperimentata sul campo. Quando il progetto nasce come replica di attività consolidate di proprietà dell’affiliante è possibile effettuare una sperimentazione parziale su loro, ma si deve tener conto che la simulazione sarà inevitabilmente inficiata dal fatto che esiste già un avviamento. Al contrario di quanto accade nel caso di unità affiliate ex novo. Il test migliore è quello realizzato riproducendo in tutto e per tutto le condizioni medie in cui si troverà adagiare il franchisee, L’affiliante avia e gestisce direttamente l’unità pilota, oppure delega a terzi di sua fiducia, coinvolti nel progetto, a verificarne l’effettiva validità ed efficacia sul mercato. Il momento del pilotage è estremamente importante e va sfruttato appieno. In genere si tende a sottovalutare il valore di questa fase e a comprimere il più possibile la durata, a favore di un più rapido avviamento della rete. In realtà si dovrebbe considerare il raggiungimento degli obiettivi programmati per i punti pilota come “conditio sine qua non” per le fasi successive. Non ha nessun senso coinvolgere imprenditori affiliati in un progetto che non sta mantenendo le promesse: si rischia di replicare solo l’insuccesso. Meglio allora estendere la durata del pilotage, introdurre i necessari correttivi e attendere gli esisti sperati Si avrà modo in ogni caso di effettuare miglioramenti che potranno essere messi al servizio della futura rete, arricchendone il valore e la capacità di stare sul mercato.

…..STANDARIDIZZARE IL SISTEMA…..
Il prodotto “franchising” non si vende a un cliente. Il destinatario è un partner commerciale, con il quale si instaura un rapporto di collaborazione duraturo nel tempo. L’affiliato richiede formazione adeguata, addestramento del personale, assistenza sulla gestione della propria impresa per tutta la durata del contratto, aggiornamento, supporto pubblicitario, sistemi di scambio di informazioni e comunicazioni e molto altro.Uno dei punti focali è la standardizzazione del percorso di trasmissione del know how. Un conto è prevedere un “corso di formazione di pochi giorni” presso la sede, un altro è seguire un dettagliato programma di training che preveda momenti formativi teorici, attività in un centro diretto o affiliato e periodi di affiancamento in loco, o meglio nel centro affiliato in avviamento. E’ questa una delle “note dolenti” del franchising all’italiana. Tuti ifranchisor promettono corsi di formazione, molti rifanno, pochi li sanno fare. Insegnare è uno degli sport preferiti dai nostri connazionali, ma all’atto pratico, pochi dedicano tempo, risorse, professionalità e metodo alla messa a punto di un percorso efficace. Eppure è la pietra su cui costruire un efficace rapporto di collaborazione.

…..COME SCEGLIERE UN PROGETTO…..
L’acquisto della licenza, know how, marchio , ecc. richiede un investimento impegnativo. Di qui la necessità di valutare attentamente la qualità dell’azienda franchisor, della sua formula, dell’accordo che ci si accinge a firmare.C’è ovviamente dell’altro: una volta verificata l’eventuale solidità economica e strutturale dell’azienda franchisor, la validità del suo sistema, la correttezza formale e sostanziale del contratto proposto, resta da considerare l’accettazione del progetto dal parte del proprio mercato locale.Punto chiave degli accordi fra Franchisor e Franchisee è quello dei contributi promozionali e pubblicitari. A meno che il franchisor non operi con una pianificazione diretta localmente, la raccolta pubblicitaria fatta attraverso royalty richieste agli investitori non ha ragione d’essere.La promozione del marchio a livello locale deve essere gestita dal franchisor e dall’affiliato, anche perché solitamente l’efficacia di campagne pubblicitarie e promozionali ideate altrove possono risultare inutili o limitate date le differenze culturali locali tra un’area ed un’altra.E’ dunque fondamentale conoscere bene il franchisor prima di affrontare l’avventura di un accordo contrattuale di franchising.Sebbene la legge italiana abbia fatto un passo avanti in questa direzione, molto bisogna ancora fare per consentire una maggiore trasparenza.Il franchisor è tenuto a fornire al candidato affiliato una documentazione molto più dettagliata della sua attività. Negli Stati Uniti tale documentazione si chiama disclosure documents to perspective buyers, ovvero documentazione di trasparenza destinata ai potenziali compratori. Si sostanzia in un prospetto chiamato UFOC (Uniform Offering Circular) che contiene una storia della società, l’elenco delle unità afiliate, una lista delle eventuali azioni legali sostenute in passato e/o in corso, la composizione del gruppo dirigente, impegni e obblighi verso terzi e molto altro. Ciò è tenuto, per trasparenza e correttezza deontologica, ad operare il franchisor in Italia anche durante tutta la durata del contratto eventualmente già stipulato.
Il contratto preliminare di franchising. L’avvio dell’iter formativo del contratto.

Nella prassi, il contratto di franchising è preceduto da una lettera d’intenti o da una convenzione preliminare (contratto preliminare di franchising). Le lettere d’intenti sono documenti, sperimentati soprattutto in quei rapporti contrattuali che necessitano di lunghe ed elaborate trattative, che le parti contestualmente sottoscrivono o si scambiano reciprocamente nella fase delle trattative; esse contengono dichiarazioni d’intenzione sulla conclusione di un accordo o di più accordi fra le parti stesse. Il problema giuridico delle dichiarazioni d’intenti è stabilire se siano o meno vincolanti: in proposito prevale l’argomento per il quale tali intese, essendo emerse in sede di trattative, possono dare luogo solo a responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c. Tali dichiarazioni, comunque le si consideri, producono il duplice effetto di determinare un rafforzamento dell’obbligo precontrattuale, comprimendo l’ambito entro il quale le parti possono defilarsi dalle trattative in corso senza incorrere nella responsabilità ex art. 1337 c.c. e attenuando l’intangibilità del principio della libertà di non contrattare, e di alimentare le aspettative delle parti in ordine alla conclusione del contratto. In ogni caso, quando il documento contrattuale contiene tutti gli elementi del contratto e non fa riserva di trattativa ulteriore si dovrà dire di essere in presenza di un contratto preliminare, nonostante l’intitolazione del documento quale lettera d’intenti. Il contratto preliminare è un accordo con il quale le parti si obbligano a stipulare un successivo contratto, e gli effetti concreti nella loro sfera giuridica si verificheranno solo con il contratto definitivo. Il preliminare di franchising è, quindi, un accordo col quale le parti definiscono le rispettive obbligazioni e si impegnano a stipulare il contratto definitivo. Il preliminare di franchising va distinto dalle figure, di stampo statunitense, del contratto di "pre – franchising" e di "pilotage". Tali figure connotano dei congegni negoziali ai quali il franchisor, soprattutto, ricorre al fine di sperimentare il modello e le condizioni del sistema di franchising che vuole attuare. Mentre l’oggetto del contratto preliminare di franchising consiste nell’obbligazione di prestare un futuro consenso all’accordo di franchising, l’oggetto del pre – franchising e del pilotage è l’oggetto stesso del franchising, cioè la trasmissione, dal franchisor al franchisee, di diritti, facoltà, beni che quest’ultimo non potrebbe, altrimenti, acquisire. Tuttavia, poiché non è quasi mai prevista né una entry free, né il pagamento di alcuna royalty, e poiché la funzione del contratto si appalesa come mera sperimentazione del rapporto economico, la trasmissione di diritti, facoltà, beni sarà limitata e di breve durata. Il contratto di pre – franchising è un invito rivolto dal franchisor ad un imprenditore a partecipare alla sperimentazione del modello che porterà a sviluppare il know – how della futura rete distributiva. Il contenuto del contratto ricalcherà, più o meno, il contenuto del contratto di franchising, con le clausole circa le insegne, il nome commerciale e gli altri segni distintivi. Ove, dopo la sperimentazione, non si concludesse un vero e proprio contratto di franchising, il franchisor dovrà lasciare indenne il franchisee da eventuali rimanenze e dalle spese di ristrutturazione dei locali, mentre il franchisee non potrà più usare i segni distintivi e i beni immateriali del franchisor. Nel caso, invece, che la sperimentazione abbia successo la formula apparterrà ad entrambi i contraenti che dovranno ripartirne contrattualmente la titolarità e l’utilizzo. Nel contratto di "pilotage" il franchisor ha già trovato l’idea o la formula e ne affida ad un terzo, a suo rischio, lo sfruttamento pilota: il contratto non dura generalmente più di un anno, c’è l’esclusiva a favore del franchisee, l’obbligo di segretezza, ed una divisione degli utili, mentre le perdite possono essere addossate al franchisee. Il contratto preliminare di franchising, pur inserendosi nella fase di formazione progressiva del contratto di franchising ed essendo da questo causalmente dipendente, è anch’esso un contratto in sé perfetto che, una volta sottoscritto, obbliga le parti a stipulare il contratto definitivo. Gli aspetti disciplinati dal preliminare di franchising non esprimono solo la mera funzione di obbligo alla stipulazione del contratto definitivo, ma esprimono anche una serie di adempimenti attuativi molto importanti, coi quali si definiscono anche le obbligazioni, la ripartizione dei compiti e dei costi di gestione, le opzioni e gli obblighi di riservatezza che devono vincolare i contraenti anche nel periodo precedente la stipulazione del contratto definitivo. Di questi ultimi aspetti si ricordano gli impegni assunti dal franchisor col patto d’opzione (In base al quale patto il franchisor si obbliga a concludere il contratto definitivo nel caso in cui il potenziale franchisee abbia adempiuto a quanto previsto nel preliminare e a non concludere, per la durata dell’opzione, un altro contratto di franchising nella zona d’attività del potenziale franchisee) e le disposizioni relative alle conseguenze della eventuale mancata conclusione del contratto definitivo (Se uno dei soggetti obbligati a contrarre il franchising non adempie, l’altro potrà chiedere sia l’emanazione di una sentenza costitutiva che, ex art. 2932 c.c., sostituisce il consenso e produce gli stessi effetti del contratto definitivo non concluso, sia la risoluzione del preliminare per inadempimento, nel qual caso dovrebbe seguire anche il risarcimento del danno che la controparte dimostri di avere subito, sia esso il danno emergente, cioè le spese sostenute per adempiere alle obbligazioni attuative del preliminare, oppure il lucro cessante, cioè il mancato guadagno che la parte avrebbe tratto dalla stipulazione del contratto definitivo. Tuttavia, in Italia lo strumento del preliminare di franchising non è molto usato, preferendosi inserire, direttamente nel contratto definitivo, una clausola per la quale l’efficacia dell’accordo si intende sospesa se non si saranno verificate tutte le condizioni preliminarmente previste come indispensabili per la verificazione e la prosecuzione degli effetti del contratto.

lunedì 1 dicembre 2008

TEMPOHOUSING

Tempohousing inventa, disegna e costruisce sempre nuove soluzioni di moduli abitativi nel suo unico housing system. “Tempo” significa velocità e soluzioni abitative applicate ai più diversi settori come case studenti, appartamenti di città, hotel di lusso, equipaggiamento di base per strutture ricettive o chalet resort sulla neve, giusto per menzionarne alcuni. Termini brevi di costruzione e un sistema flessibile e modulare sono i punti di forza, così come le unità di misura universali, containers di 40 piedi (standard) che possono venir trasportati via mare in tutto il mondo come carico mercantile standard su qualsiasi vascello, treno o su gomma.

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